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Ecobonus 110% – operazioni sospette e rifiuto dell’acquisizione dei crediti d’imposta – indennizzo assicurativo e contributi ecobonus.

La pronuncia compiegata (cfr. Trib. Siena n. 846 del 11/12/2024) porta a discutere di un argomento che, attraverso l’analisi rigorosa delle questioni giuridiche sottese ai crediti d’imposta, offre lo spunto per interessanti riflessioni in ordine ai relativi oneri probatori.

Nel caso di specie, il Tribunale adito, in accoglimento delle istanze avanzate dalla Banca rispetto alla sussistenza di elementi, idonei ad impedire l’acquisizione dei crediti d’imposta, in quanto non conformi alle disposizioni del D.L. 34/2020 (convertito il L. 77/2020, cd. Decreto Rilancio), come modificato dall’art. 122- bis introdotto dal D.L. 157/2021 (Decreto Antifrode), riteneva che il cessionario del credito non potesse procedere alla relativa acquisizione in presenza di operazioni sospette, invocando il vincolo di segretezza e richiedendo al Giudice un’autorizzazione alla relativa esibizione; tale presupposto sussisteva in ragione del fatto che una delle pratiche relativa al “bonus facciate” presentava cifre irrealistiche rispetto al valore medio di interventi analoghi, tanto da far emergere il legittimo sospetto di fatture“gonfiate”.

Non potendosi ritenere fornite, dunque, prove sufficienti a dimostrare la legittimità dei crediti rivendicati in conformità ai presupposti di cui all’art. 2697 c.c., risultava compromessa non solo la fiducia necessaria al mantenimento di relazioni commerciali sane e durature, risultando idonea a minare altresì la stabilità delle relazioni commerciali.

Il Tribunale riteneva, dunque, fondato e legittimo il rifiuto della banca convenuta di formalizzare il contratto di cessione dei crediti di imposta proposto dalla società attrice, in quanto si basava sulla natura sospetta delle operazioni sottostanti, soggette alla normativa antiriciclaggio prevista dagli articoli 35 e 42 del D.lgs. 231/2007.

La legittimità di tale iter interpretativo si pone in continuità con diverse pronunce della Suprema Corte (cfr. Cass. Pen. sent. n. 18536 del 04.05.2023; Cass. Pen. sent. n. 17996 del 28.04.2023; Cass. Pen. sent. n. 16728 del 19.04.2023; Cass. Pen. sent. n. 15456 del 13.04.2023; Cass. Pen. sent. n. 12364 del 24.03.2023) che, legittimando il sequestro preventivo del credito nei confronti del cessionario, analizzavano diverse problematiche connesse al meccanismo della cessione del credito, tracciandone confini applicativi.

I presupposti del sequestro preventivo del credito nei confronti del cessionario, anche se in buona fede ed in assenza di concorso nella violazione, si rinvengono a maggior ragione nel caso in cui il cessionario risulti a partecipazione statale, in ragione del fatto che “il fatto perturbativo di un siffatto ordine patrimoniale ridonda direttamente nei confronti del patrimonio pubblico, rafforzando l’esigenza protettiva che il maggior disvalore del fatto connesso all’aggravante intende salvaguardare” (cfr. Cass. Pen n. 17996/2023).

Il richiamato orientamento del Giudice di legittimità, in effetti, trova conforto in una serie di irregolarità determinate dalle attività investigative nella verifica del meccanismo di cessione dei crediti d’imposta effettuato da alcuni operatori economici che hanno realizzato e gestito un sistema fraudolento, finalizzato alla creazione e alla monetizzazione di falsi crediti per oltre un miliardo di euro.

Nel contesto complessivamente analizzato, salvi restando i profili di responsabilità sottesi alla fattispecie richiamata in atti, da ripartirsi, a vario titolo, tra committenza, asseveratore ed appaltatore, rileva come, in riscontro ad un interpello all’Agenzia delle Entrate sia stata rimarcata la cumulabilità, con i dovuti distinguo, dell’indennizzo assicurativo con il credito concesso, in forza della circolare n. 28/2022, che ha precisato “l’indennizzo assicurativo corrisposto a seguito del verificarsi di un evento che ha comportato un danno all’immobile (generalmente un incendio), non costituendo un rimborso direttamente collegato alle spese necessarie al ripristino dello stabile, non deve essere sottratto dalle spese eventualmente sostenute per l’effettuazione di interventi che danno diritto alla detrazione e che, quindi, potranno considerarsi rimaste interamente a carico dal contribuente“.
In presenza dei richiamati presupposti, le spese sostenute dall’istante per l’intervento di riparazione del tetto e dei muri, considerate a carico del contribuente,  possono accedere al Superbonus, risultando la somma risarcitoria corrisposta dalla compagnia assicurativa un “forfait comprensivo dei danni patrimoniali e non patrimoniali, presenti e futuri, indipendente rispetto ai lavori eseguiti”.

Avv. Giuseppe Bonito

SENTENZA.