Uno sguardo all’aumento esponenziale delle circostanze in cui vengono prodotte in giudizio immagini e/o riproduzioni video, trova la propria ragione nell’incremento direttamente proporzionale in cui vengono installati sistemi di videosorveglianza presso esercizi privati ovvero sulla pubblica via; tali presupposi consigliano una riflessione in ordine agli orientamenti giurisprudenziali che si stanno attestando rispetto al relativo valore probatorio..
Nel muovere dall’icastico passaggio motivazionale mercé il quale: “il tempo delle cause risarcitorie per sinistri stradali fatti solo con testimonianze è finito. Ben più adeguato deve essere l’impegno delle parti attrici nell’adempiere all’onere della prova”, rileva come le registrazioni facciano parte del più ampio genere delle riproduzioni meccaniche previste dall’art. 2712 c.c. il quale dispone che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
La giurisprudenza, ha chiarito, sul punto, che “in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 del Codice civile, il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova – e che va distinto dal “mancato riconoscimento”, diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite – deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta” (Cass. civ.n. 1033/2013).
L’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche, in ragione della loro formazione al di fuori del processo, resta in ogni caso subordinata alla non contestazione dei fatti che tali riproduzioni tendono a provare da parte di colui contro il quale siano prodotte, da assolversi mediante un disconoscimento dettagliato ed esplicito, che faccia riferimento a specifici elementi idonei a dimostrare la non corrispondenza tra la riproduzione video e quanto effettivamente accaduto, “degradandole” in questo caso a prove liberamente apprezzabili dal giudice, ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
Salvi restando i richiamati presupposti, assume valore preminente altresì il necessario contemperamento del diritto alla riservatezza rispetto alla tutela del trattamento dei dati personali, nel rispetto delle formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio.
In tal senso, l’interpretazione appare evolutasi nel senso che (cfr. ex multis Tar Marche sent. n. 538 del 04.09.2023) sia “inutile barricarsi dietro alla privacy per limitare il diritto di accesso degli automobilisti ai filmati catturati dai sistemi di videosorveglianza comunale. E invece di limitare l’esercizio di questi diritti fondamentali con regolamenti municipali inadeguati è molto meglio predisporre disciplinari utili per agevolare l’utenza e il buon funzionamento degli uffici “; ciò comporta che, laddove dovesse profilarsi un contrasto tra esigenze di privacy dei terzi e il diritto di accesso, trattandosi di accesso dettato da necessità difensive, si determini la prevalenza di quest’ultimo (cfr. TAR Lazio sent. n. 14140 del 10.12.2019).
Un’interessante pronuncia del Tribunale di Nola (cfr. sentenza n. 209/21), in adesione al valore non trascurabile della prova documentale, riteneva rilevante la ripresa video della caduta di un esercente, nella zona esterna ad un locale commerciale, elemento che faceva propendere per il rigetto della domanda, ritenendosi mancante uno dei necessari presupposti per la configurabilità della invocata responsabilità ex art. 2051 c.c.
Nel contraddire rispetto alla generale utilizzabilità dei filmati del sistema di videosorveglianza, ovvero al valore probatorio delle riproduzioni meccanografiche ex art. 2712 cc., tra cui le riprese delle videocamere di sorveglianza, da ritenersi prove precostituite, rileva come tali riproduzioni, ritualmente depositate, giusta specifica autorizzazione del Giudicante, portavano a concludere per un giudizio d’inattendibilità del teste attoreo escusso il quale, contrariamente a quanto rilevabile chiaramente dal video prodotto, riferiva di pretese sconnessioni sulla pavimentazione antistante il locale, negando finanche la circostanza mercé la quale l’istante tenesse per mano la nipotina.
In tal senso, il Giudice adito aderiva al consolidato orientamento di legittimità che presuppone che “i filmati della videosorveglianza contengono la rappresentazione di un fatto e vanno ritenuti prova documentale”, risultando insostenibile la propugnata inutilizzabilità in presenza di dispositivi predisposti da soggetti privati.
Il procedimento di acquisizione delle immagini si svolge con una semplice operazione meccanica di copiatura delle stesse su supporti magnetici; ciò non implica l’intervento materiale e manuale dell’uomo e quindi “non comporta nessuna attività interpretativa o rielaborativa che possa compromettere i fotogrammi originali”. Dunque, il fotogramma che riprende il fatto può ricevere, da parte del Giudice, una valutazione di massima attendibilità anche se non sia tratta delle telecamere della Polizia e/o di altre Autorità (cfr. Cass. sent. n. 4400/16 del 3.02.2016).
A fronte di una tale riproduzione, il mero disconoscimento non risultava idoneo, alla stregua dell’art. 2712 c.c., a contestare la relazione di identità tra la realtà riprodotta e quella fattuale, tanto da portare a concludere per l’accertamento della circostanza che consente l’utilizzabilità di dette risultanze ai fini della decisione.
In tal senso il Giudicante riteneva che il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova, sia da distinguere dal “mancato riconoscimento”, diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che “il Giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite — pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., dovendo tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, e dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta”.
In continuità con tale iter interpretativo, un’interessante sentenza del Tribunale di Benevento (sent. n. 1939/2020), a riprova del valore probatorio degli strumenti tecnologici, rimarcava l’opportunità di acquisire tale ulteriore materiale probatorio in ragione della capillare presenza di smartphone e fotocamere .
L’icastico passaggio motivazionale rassegnato dalla Suprema Corte (cfr. Cass. Civ. sez. III, ord. 05.10.2022 n. 28924) risulta legittimare appieno un’esigenza che prevede, al fine dell’assolvimento dell’onere probatorio incombente sulla parte che chiede di essere risarcita dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale, la garanzia mercé la quale “ai tempi dello smartphone si debba pretendere qualcosa di più della sola prova per testimoni” e, al cospetto di un tale scarno compendio probatorio, gli Ermellini ritenevano, in continuità con l’orientamento propugnato presso i Giudici di merito, che “desta inquietante perplessità il fatto che non sia stata fatta alcuna foto del sinistro, della posizione statica degli autoveicoli dopo il sinistro, degli stessi autoveicoli e dei danni subiti. Nemmeno i meccanici e i carrozzieri che usano fare foto agli autoveicoli quando sono coinvolti in incidenti stradali, prima di ripararli, risulta che abbiano fornito all’attrice rilievi fotografici, o comunque, questa, pur avendoli, non li ha prodotti in giudizio”.
L’orientamento innanzi espresso porta a ritenere che la ricostruzione di un evento non possa passare attraverso le sole prove testimoniali che si rilevano spesso inidonee o comunque insufficienti a porre il Giudice nella posizione di valutare autonomamente se il fatto si sia effettivamente verificato ovvero le modalità del sinistro ed i profili di responsabilità; in tale ottica, si ritiene debba soccorrere la tecnologia a disposizione delle parti in ogni momento, tanto da condurre ad assumere una posizione netta rispetto al fatto che “il tempo delle cause risarcitorie per sinistri stradali fatte solo con testimonianze è finito. Ben più adeguato deve essere l’impegno delle parti attrici nell’adempiere all’onere della prova”.
Il richiamo alla necessità di adeguarsi alla mutata disponibilità di strumenti, utili a precostituire elementi di prova, appare in effetti tesa a porre fine ad allegazioni generiche, non supportate da prove testimoniali che specifichino con precisione dinamica e circostanze fattuali.
Appare dunque tanto agevole quanto utile, nell’ottica di una prova costituenda (testimonianza), sopperire mediante strumenti ormai nella disponibilità della collettività delle persone , il tutto nel rispetto del principio di non discriminazione del documento informatico propugnato dalla normativa Europea, onde dar forza alla validità di tale materiale probatorio e sostenere l’ammissibilità del relativo deposito telematico, potendo il fotogramma che riprende il fatto ricevere, da parte del Giudice, una valutazione di massima attendibilità anche se non risulti tratta delle telecamere della Polizia e/o di altre Autorità (cfr. Cass. Civ. sent. n. 4400 del 3.02.2016), ed essere apprezzata anche in caso di un disconoscimento delle stesse che non si concretizzi tuttavia “nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta”.
Tralasciando di addentrarsi nelle innumerevoli interpretazioni previste dalla normativa sulla privacy, appare a questo punto lecito attendersi una maggiore apertura rispetto all’acquisizione di tali risultanze, tenendo a mente il giusto contemperamento tra la trasparenza processuale ed il rispetto della privacy, potendo trascendere nella illiceità allorquando le registrazioni siano condivise sui social network senza oscurare le persone riprese e le targhe inquadrate siano leggibili.
Appare del tutto lecito utilizzare tali dispositivi per precostituire una prova da usare in una causa, al fine di dimostrare di non aver causato l’incidente in cui si è rimasti coinvolti.; ciò comporta che, in caso di produzione in giudizio del video, esso si considererà prova documentale e, in mancanza di disconoscimento chiaro, circostanziato ed esplicito della controparte, avrà valore di prova legale. , restando, in caso di contestazione, rimesso il relativo valore probatorio al libero apprezzamento del Giudicante.
Avv. Giuseppe Bonito
All. u.s.:
TAR Lazio sent. n. 14140 del 10.12.2019;
Tribunale di Nola, sent. n. 209/21;
Tribunale di Benevento sent. n. 1939/2020