Si segnala un’interessante ordinanza del Tribunale di Avellino che, previa declaratoria d’inammissibilità di un ricorso per A.T.P. per carenza dei requisiti previsti ed in assenza dei presupposti di applicabilità della polizza invocata, garantisce utili spunti di riflessione rispetto ai presupposti applicativi, genericamente ricondotti agli artt. 696 e 696 bis c.p.c.
Nel caso di specie, la nomina di un consulente tecnico d’ufficio era finalizzata al tentativo di conciliazione ovvero all’accertamento della natura e quantificazione dei danni subiti da un immobile in conseguenza di fenomeni atmosferici; a fondamento della richiesta formalizzata veniva richiamati dal ricorrente i presupposti applicativi della polizza, contestati in ragione dell’inoperatività della garanzia in presenza di eventi eccezionali, riconducibili a forza maggiore e/o imprevedibili.
Tale eccezione era avvalorata dalle prodotte risultanze del bollettino meteo riferibili al giorno dell’occorso, tali da comprovare una condizione climatica particolarmente avversa che esorbitava i limiti dei fenomeni previsti nelle condizioni di assicurazione.
A tal riguardo, la declaratoria d’inammissibilità ed infondatezza dell’A.T.P. ex art. 696 c.p.c., era motivata dall’insussistenza del presupposto periculum in mora, corrispondente al rischio di dispersione della prova ovvero a quello di subire un pregiudizio nel ritardo derivante dall’oggettiva ed attuale esposizione a pericolo della situazione soggettiva oggetto del giudizio, in mancanza di qualsivoglia condizione che delineasse tale condizione.
D’altronde, nella circostanza era emersa una condizione di limitata presenza di danni, peraltro oggetto già di parziale riparazione e l’assenza di pericoli per la staticità degli immobili, cristallizzandosi una condizione che, in considerazione del tempo trascorso tra la scoperta della condizione dei luoghi e la proposizione del ricorso, lasciava concludere tranquillamente per l’insussistenza del requisito di urgenza presupposto all’azione instaurata.
In difetto di qualsivoglia precisazione rispetto alla scelta dell’azione instaurata, rileva come non si potesse tampoco ricondurre l’interposta azione ai presupposti di cui all’art. 696 bis c.p.c., applicabile solo laddove la res controversa attenesse al quantum, sussistendo una condizione che lasciava emergere uno status quo inidoneo ad addivenire ad una conciliazione, non fosse altro che per le distanze esistenti tra la pretesa della parte ricorrente, cristallizzata nei limiti sopra indicati e i danni accertati dal consulente della compagnia.
Al cospetto dei richiamati presupposti, il Tribunale adito riteneva che: “l’istante ha richiesto l’accertamento tecnico preventivo senza dare conto dei presupposti postulati dall’art. 696 e nemmeno dall’art. 696 bis cpc limitandosi a richiedere l’indagine di natura tecnica sui danni oggetto della controversia insorta con la compagnia di ass.ni, senza catalogare i motivi di urgenza richiesti dall’art. 696 cpc. E’dunque carente il presupposto primario di utile esperibilità del presente procedimento di istruzione preventiva, costituito dal requisito dell’urgenza (di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose), da intendersi esclusivamente come pericolo di dispersione delle fonti di prova di fatti rilevanti ai fini della decisione di eventuali cause di merito”.
Alla luce di tali carenze, si riteneva non assolto l’onere probatorio in capo al ricorrente, non potendo la ratio normativa della chiesta consulenza tecnica d’ufficio rivestire carattere di natura contenziosa, volto all’accertamento dell’applicabilità della polizza stipulata con la società resistente.
Ferme restando le considerazioni innanzi espresse, risultano frequenti i casi in cui sussista un concreto pericolo di dispersione e/o alterazione degli elementi di prova idonei a giustificare un’azione ex art. 696 c.p.c., determinando quelli che, giuridicamente parlando, possono definirsi quali “casi limite” in cui i ricorrenti predispongono atti al confine tra i richiamati presupposti d’urgenza e la finalità conciliativa propria di cui all’art. 696 bis c.p.c., così facendo conseguire l’inammissibilità dei ricorsi.
Al fine di scongiurare la confusione che si ingenera in tali ipotesi, rileva come il carattere di urgenza, necessario per l’ammissibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c., ricorra unicamente allorquando sussista la possibilità che il trascorrere del tempo modifichi lo stato di luoghi o cose, rendendo impossibile o inefficace il successivo accertamento di un giudizio di merito; viceversa, l’espletamento della consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. persegue finalità deflattive delle liti e conciliative, comportando la necessità di verificare se, mediante il mero ricorso ad una CTU, sia possibile prognosticare che le parti, in ragione della materia del contendere, possano pervenire alla composizione della lite, condizione possibile solo in presenza di un fatto storico pacifico e che non presenti questioni che esulino dal profilo tecnico.
In ragione di quanto rilevato, il Tribunale adito riteneva delibare preventivamente circa l’ammissibilità, rilevanza ed utilità della consulenza, concludendo rispetto al fatto che il carattere di strumentalità e provvisorietà della procedura di cui all’art. 696 bis c.p.c. non consentisse di prescindere dalla verifica del fumus boni iuris dello strumento processuale prescelto.
La consulenza richiesta non è apparsa dunque idonea a svolgere la funzione deflattiva cui risulta preordinata, non consentendo di compendiare tutte le questioni giuridiche controverse e di giungere alla conciliazione, sussistendo non tanto un dissenso in ordine alla misura dell’obbligazione risarcitoria, quanto, piuttosto, rispetto alla sussistenza dell’obbligazione e all’individuazione del soggetto o dei soggetti ad essa tenuti.
A riprova della ratio sopra esposta, si segnala un’altra ordinanza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania che dichiarava inammissibile il ricorso proposto per l’accertamento preventivo in un’ipotesi di lesioni che conducevano al decesso di conducente e passeggero del veicolo coinvolto in un sinistro, in presenza di criticità e non trascurabili contestazioni in ordine alle modalità del sinistro emerse dall’attività degli inquirenti, confluita nel procedimento penale presso la Procura della Repubblica territorialmente competente, acquisite ante causam e prodotte in giudizio.
Nel medesimo solco interpretativo, veniva emessa altra interessante ordinanza dal Tribunale di Nola in cui veniva dichiarata l’inammissibilità del ricorso ex art. 696 bis c.p.c., essendo stato ritenuto imprescindibile, per il carattere di strumentalità e provvisorietà di tale procedura, il vaglio preliminare rispetto al fumus boni iuris della stessa; ciò in ragione della circostanza mercé la quale l’accertamento risulti sì uno strumento d’istruzione ante causam, ma, essendo finalizzato alla composizione della lite ed a scongiurare le lungaggini del sistema giudiziario, è spesso “abusato” in assenza dei requisiti di necessità e d’urgenza.
A tal riguardo, risulta indispensabile esplicare le ragioni d’urgenza, allegandole al fine di consentire al Giudice di valutare la possibilità di procedere con rito sommario, comprimendo le ragioni di difesa del convenuto, ipotesi giustificata, nel bilanciamento degli interessi, soltanto da motivi d’urgenza; in tal senso, può utilmente soccorrere il chiaro riferimento alla domanda di merito cui l’atto è finalizzato, non risultando altrimenti conforme a giustizia comprimere senza giustificazione i diritti del convenuto, senza esplicare le ragioni d’urgenza.
Dal punto di vista del Giudicante, eventuali valutazioni in diritto non possono essere compiute, neppure incidenter tantum, risultando necessario esaminare soltanto la sussistenza del fumus boni iuris, non potendo spingersi sino a surrogarsi nell’attività del Giudice di merito, in quanto così facendo finirebbe per trasformare l’istituto di cui all’art. 696 bis c.p.c. in una procedura eterogenea, in cui la risoluzione della controversia sarebbe in parte affidata alle decisioni del Giudice e, nel residuo, alle valutazioni del C.T.U., replicando sostanzialmente il modello del giudizio di merito e stravolgendo la finalità conciliativa della consulenza richiesta ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. Opinare diversamente ed ammettere la consulenza tecnica a prescindere da ogni valutazione di ammissibilità del fumus, finirebbe per frustrare la stessa finalità di deflazione del contenzioso.
Risultando dunque posti in contestazione elementi che non lasciavano concludere per la pacifica sussistenza dei richiamati presupposti conciliativi, rileva come la pronuncia de qua appaia di non poco rilevanza nell’ambito del distretto della Corte di Appello di Napoli, interpretando correttamente il vaglio preliminare circa la sussistenza dei requisiti d’urgenza del chiesto accertamento ex art. 696 c.p.c., nonché quelli deflattivi di una conciliazione ante causam ex art. 696 bis c.p.c., così ponendo fine agli abusi cui l’ATP potrebbe prestarsi con procedure, instaurate in difetto dei presupposti di legge.
Avv. Giuseppe Bonito