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Valore fidefacente del Referto di P.S. e della dichiarazione rilasciata in sede anamnestica. Rigetto della domanda proposta nei confronti dell’Assicurato.

Si rimette interessante pronuncia resa all’esito di giudizio patrocinato dallo scrivente, esitata ad un’azione risarcitoria proposta da un soggetto danneggiato in conseguenza di una caduta occorsa nell’abitazione di un vicino-assicurato.

In corso di causa, risultava posta in contestazione la sussistenza dei presupposti di responsabilità dedotti ex art. 2051 c.c. e/o 2043 c.c., rispetto ai quali la compagnia assicurativa, evocata in forza del rapporto assicurativo, evidenziava incoerenze rilevabili dalle dichiarazioni rilasciate all’atto dell’accesso presso il P.S. dell’Ospedale, confermate in sede di anamnesi, ritenendoli presupposti idonei ad inficiare in radice la verosimiglianza della prospettazione attorea.

Difatti, già all’atto dell’accesso presso il pronto soccorso, parte  attrice dichiarava riferirsi il sinistro ad un incidente domestico, dichiarazione completata in sede anamnestica, riconducendola ad una caduta accidentale nella propria abitazione, e non già presso quella del vicino, così come prospettato.

Tale dichiarazione inizialmente resa, pur corretta unilateralmente presso l’Ospedale e nonostante le dichiarazioni dei testi confermassero la caduta presso la casa del vicino, assumeva efficacia fidefacente, in continuità con i dicta del Giudice di legittimità che hanno ibernato a disposizione dell’interprete la valenza del referto e della cartella clinica, riconducendola al valore di atti pubblici, redatti da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle precipue funzioni; in ragione dei richiamati presupposti, i fatti, le attività e/o le dichiarazioni raccolte dal pubblico ufficiale, in esso rappresentate e cadute sotto la sua diretta percezione, devono intendersi provate, ex art. 2700 c.c., precludendo finanche al Giudice ed alle parti di effettuare valutazioni contrarie (cfr. Corte di Appello di Napoli  n. 3148/2017; Cass. Civ. n. 16030/2020; Cass. Civ. sent. n. 27288/2022).

Tale presupposto assumeva, dunque, valore adamantino, tanto da portare il Giudice a concludere per il rigetto della domanda in presenza dei richiamati elementi che lasciavano concludere per l’infondatezza dell’assunto attoreo, così degradando la valenza probatoria delle dichiarazioni rese dai testi escussi.

Avv. Giuseppe Bonito

Sentenza