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Verifiche preventive ex art.1 della L. n. 234/2021 – Elusione fiscale per abuso di diritto

La conversione in legge del decreto cd “cessione crediti”, introdotto dalla L. n. 38 dell’11 aprile 2023, di conversione del DL n. 11/2023, recante “Misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all’articolo 121 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77 del 17 luglio 2020”, dando seguito alla manovra governativa determinata da una dichiarata insostenibilità finanziaria delle misure ed agevolazioni poste dal cd. superbonus 110, previa notoria cessione del credito di imposta ovvero acquisizione dello sconto in fattura a partire dal 2024, sta determinando innumerevoli e prevedibili contenziosi conseguenti al mancato rispetto di direttive e previsioni normative da parte dei soggetti interessati all’istruzione ed esecuzione delle singole pratiche.

A tal riguardo, è la rilevanza di diritti ed interessi in conflitto ad originare in questa fase il contrapporsi di non trascurabili risvolti interpretativi rispetto ai presupposti delle agevolazioni previste, il tutto da correlare ad un ambito che offre un’ampia casistica di fattispecie e profili di responsabilità.

È appunto a tal fine che si rimette un’interessante sentenza della Corte di Giustizia Tributaria, entrata nel merito di un’ipotesi idonea ad originare, in più di una circostanza, il blocco dei benefici fiscali, riconducibile all’ambito dei previsti controlli preventivi, tesi a scongiurare le possibili frodi, mediante l’ausilio di algoritmi progettati per intercettare eventuali anomalie.

A tal riguardo, al fine di scongiurare possibili attività fraudolente, risultano  rafforzate le verifiche preventive da parte dell’Agenzia delle Entrate, in forza dell’apposita previsione di cui all’art.1 della L. n. 234/2021, con la possibilità di sospendere gli effetti delle comunicazioni di cessione del credito che presentano profili di rischio, laddove sopravvenga la registrazione di un “alert”.

In tali ipotesi, al fine di garantire il contraddittorio, l’Amministrazione si attiva chiedendo, a seconda del caso,  chiarimenti e/o integrazioni al contribuente e, allorquando non ottenga il previsto riscontro ovvero laddove pervengano chiarimenti non convincenti, si determina la necessità di un’analisi maggiormente approfondita che può portare al blocco del beneficio.

Il protocollo, succintamente e semplicisticamente esposto, vuole rappresentare elemento idoneo a comprendere la sequenza degli eventi che conduceva alla pronuncia della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Trieste (cfr. sentenza del 11.04.2023 n.81).

Nel caso di specie, la statuizione seguiva l’impugnativa da parte di un condominio, neo costituito, che instava per l’annullamento di un provvedimento di sospensione degli effetti del superbonus 110 % ex art. 121 del D.L. 34/20, notificato dai locali uffici dell’Agenzia delle Entrate, motivato sulla scorta della circostanza mercé la quale “l’intestazione dell’immobile a persone fisiche rappresentava un escamotage per fruire di bonus non spettanti all’impresa appaltatrice”, apparendo “evidente che quest’ultima in luogo di acquisire direttamente l’immobile e procedere alla sua ristrutturazione, e risanamento conservativo per la successiva rivendita (circostanza che non consentiva la fruizione del superbonus)”, avrebbe fatto acquistare l’immobile ai familiari del titolare della medesima ditta i quali avrebbero “costruito il condominio e affidato i lavori per gli interventi alla stessa società, potendo così beneficiare del superbonus 110%”.

La costituzione del condominio, in buona sostanza, era ritenuta dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Trieste un escamotage per accedere al Superbonus 110%, utilizzando la modalità di cessione del credito, conclusione avvalorata, viepiù, dal fatto che l’immobile risultasse essere stato intestato a persone fisiche, con la formale costituzione del condominio, previo frazionamento degli immobili preesistenti, di proprietà dell’impresa appaltatrice, alla quale non sarebbe spettata la fruizione dei benefici previsti per l’ecobonus.

La Corte adita ha difatti rimarcato l’intento del legislatore di concedere il beneficio fiscale ai soli condomini “sul presupposto della loro reale esistenza e che quindi fossero esistenti al momento dell’accesso al beneficio fiscale, parti comuni, impianti comuni, che lo stesso fosse utilizzato almeno da una parte dei condomini e che quindi fosse agibile; mentre, nel caso di specie, l’immobile in questione, anche alla data odierna, è edificio disabitato e in  pessime condizioni, in via di ristrutturazione”.

Al fine di dare atto del condotto iter motivazionale, la Corte non ritiene ultroneo contestualizzare il concetto di condominio garantito dal Giudicante, da contestualizzare nell’interpretazione della L. 34/2020 che, prescindendo dall’interpretazione rigorosa sollecitata da parte ricorrente, “deve necessariamente, in questo caso, traguardarsi con la volontà del legislatore che ha chiaramente delimitato i contorni del beneficio fiscale”; proprio al fine di riscontrare alle contestazioni mosse al riguardo dal condominio, la Corte aderisce all’interpretazione dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, precisando che “l’accesso al beneficio potrebbe essere fruibile anche da parte di soggetti titolari di reddito di impresa, ma solo nel caso che tali soggetti siano anche condomini e siano chiamati a partecipare alla ripartizione delle spese riguardanti le parti comuni”.

Il complesso degli elementi nella disponibilità del Giudice Tributario portava dunque a ritenere che la società appaltatrice, anziché acquisire direttamente l’immobile, avrebbe fatto comperare le unità ai familiari del legale rappresentante, ponendo in essere una condotta che rappresentava una chiara attività tesa ad aggirare l’ostacolo imposto dalla normativa, così da profilare concreti elementi di elusione, determinati “simulando la costituzione di un condominio in modo da poter accedere non solo al supebonus 110%, ma, utilizzando le modalità di cessione del credito, realizzare la completa ristrutturazione di un immobile, acquistato in stato fatiscente ed inagibile, a totale spese dello Stato”.

Appare dunque legittimo per la Corte di Giustizia Tributaria il blocco del beneficio da parte degli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate, in ragione dello spirito dello spirito normativo di concedere il beneficio fiscale sul presupposto della reale esistenza delle condizioni previste al momento della richiesta; nel rapportare tale ineludibile principio al complesso degli atti di causa, la Corte riteneva essersi concretizzato, nella fattispecie, un chiaro esempio di elusione fiscale per abuso di diritto, posto in essere mediante operazioni prive di sostanza economica da ricondursi a tutti quei fatti, atti e contratti inidonei a produrre effetti significativi, diversi dai vantaggi fiscali ed estranei alle normali logiche di mercato.

La pronuncia in esame appare dunque tracciare principi che saranno sicuramente oggetto di sviluppi e diversi profili interpretativi, lasciando ampi spunti di riflessione rispetto alla possibilità di sanare irregolarità determinate dalla violazione delle direttive note.

Avv. Giuseppe Bonito

SENTENZA